Neutralità climatica per il 2050. Come rendere green le infrastrutture?

Neutralità climatica per il 2050. Come rendere green le infrastrutture?

Il ruolo dei privati e la ricerca nel campo del digitale e delle nuove tecnologie

Le infrastrutture al centro della ripresa globale del post-pandemia, ma anche uno dei nodi cruciali della geopolitica del futuro, nella competizione tra la Nuova via della seta cinese (the Belt&Road Initiative), iniziata nel 2013, e il Piano build back better for the world (B3W), controparte proposta dei Paesi del G7. Infrastrutture che sempre di più dovranno fare leva sull’innovazione e sulle tecnologie green per diminuire il loro impatto sulle emissioni globali di Co2 e permettere a Europa, Stati Uniti e Giappone di raggiungere il target della neutralità climatica previsto per il 2050. È questo quello che emerge dal recente rapporto “The global quest for sustainability. The role of green infrastructure in a post-pandemic world”, curato da Ispi in collaborazione con McKinsey & Company.

Ma come potranno essere raggiunti questi obiettivi? Come potranno le emissioni nell’ambito dei trasporti di merci e persone essere ridotte del 70% nel 2050 rispetto al 2015, e colmare l’attuale gap globale esistente, che raggiunge quasi 640 miliardi di dollari annui secondo il Global Infrastructure Outlook? Uno il tema centrale, secondo gli autori: saranno necessari maggiori investimenti da parte dei privati, che dovranno giocare un ruolo da protagonisti nella rivoluzione verde, condividendone anche una parte dei costi. E in Europa sono diversi gli strumenti operativi già messi in campo dall’Unione in ambito finanziario – tra i quali la strategia di finanza sostenibile, la proposta per i green bond europei e il Delegated act – che dovrebbero favorire gli investimenti e il potenziamento delle partnership pubblico-private (Ppps).

A questi si aggiungono gli ingenti finanziamenti nel campo delle energie rinnovabili contenuti nel Next Generation Eu, in primis per l’idrogeno verde (quello proveniente da fonti rinnovabili), il gas naturale, la decarbonizzazione del settore della logistica – che rappresenta ad oggi il 12% del Pil globale, ma anche il 12% delle emissioni –, e i veicoli elettrici.

E in Italia? Nel Pnrr sono oltre 59 i miliardi di euro allocati per i trasporti nell’ambito della transizione ecologica. Di questi, riporta il report dell’Ispi, quasi 9 miliardi saranno destinati al trasporto locale, per esempio investendo nei 240 km di infrastrutture urbane e nei veicoli elettrici. Ammontano invece a 10 miliardi gli investimenti pianificati per ridurre le emissioni e aumentare la produzione di idrogeno, che dovrebbe essere usato in 2 aree chiave dei trasporti: gomma e ferro. A questo proposito, i 4.700 km di rete ferroviaria in cui ancora si viaggia a diesel, in particolare al Sud, potranno essere un importante sito di sperimentazione dei treni a idrogeno.

Ma solo con la ricerca nel campo digitale e nelle nuove tecnologie, conclude il rapporto, si potranno fornire gli strumenti essenziali per questo processo, che, avvertono gli autori, «non è più improrogabile se vogliamo vincere le sfide che ci aspettano».

Per approfondire:

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/global-quest-sustainability-role-green-infrastructure-post-pandemic-world-31018